Descrizione
Sempre più frequentemente si parla di mediazione, come arricchimento dell’ordinamento in termini di efficienza e di democratizzazione. Limitando l’attenzione al sistema penale minorile, appare importante affrontare la problematica da più punti di vista, per giungere a conclusioni compatibili con il diritto attuale, e per evitare che presupposti inespressi o indimostrabili postulati portino la speculazione nel campo del futuribile.
Cosa deve veramente intendersi per mediazione? Cosa ne pensano lo psicologo, lo psichiatra, il criminologo, il pedagogo, lo studioso di etica? Quale opinione se ne sono fatta gli operatori sulla scorta delle loro esperienze lavorative? Quali sperimentazioni sono state finora compiute o si potrebbero tentare? Esistono spazi nell’ordinamento, in cui la mediazione può venire inserita o istituti che già ne contengono i presupposti?
Per dare risposta a questi interrogativi si sono raccolti da più parti contributi. Contemporaneamente si è ritenuto utile proporre un approccio criminologico al tema della criminalità minorile ed in genere del disagio giovanile e si è scelta la Sardegna, come regione di riferimento. Interpretando alla luce della “teoria ecologica” quella preziosa messe di elementi, che è custodita disordinatamente negli uffici giudiziari, si sono tracciati sei percorsi di ricerca: un’indagine a Sassari città, una raccolta di dati per la provincia di Nuoro, il problema della prevenzione e la legge 216 del 1991, la sospensione del processo con messa alla prova, nonché l’affidamento in prova al servizio sociale dei giovani adulti nell’esperienza applicativa.